Riportiamo integralmente la sentenza del Tribunale di Milano sez. VI, 08/01/2020, n. 36 che ha riconosciuto il diritto del pedone ad essere risarcito, qualora attraversi la strada non sulle strisce pedonali e l’auto che lo ha investito viaggiava a contromano.
Questo il principio di diritto in sintesi per chi non volesse leggere tutto.
Investimento di un pedone: se il conducente guidava contromano non c’è corresponsabilità del pedone per non aver attraversato sulle strisce.
Il conducente di un veicolo (nella specie: carrello elevatore) risponde dei danni cagionati a seguito dell’investimento di un pedone per aver violato l’art. 7 del c.d.s. (nella specie: aver percorso una strada “contromano”) nonché per non aver moderato la velocità e non aver vigilato al fine di avvistare il pedone, mentre quest’ultimo non è corresponsabile per non aver attraversato sulle strisce pedonali, essendo la condotta del conducente di gravità tale da elidere la “leggerezza” del pedone.
Fonte: Redazione Giuffrè 2020.
Qui di seguito la sentenza.
Con atto di citazione ritualmente notificato il sig. C.G. ha convenuto in giudizio il sig. A.A., quale conducente del carrello elevatore Still 20-16 telaio n. .., nonché la Cooperativa Nuova Ausiliaria Scrl proprietaria del mezzo e la Zurich Insurance, quale compagnia di assicurazione del carrello elevatore, per sentir dichiarare l’esclusiva responsabilità del sig. A.A. nella causazione del sinistro stradale occorso in data 12.05.2014 e per l’effetto sentire condannare i convenuti in solido e nelle rispettive qualità, al pagamento della somma di € 112.149,34 oltre interessi quale risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza dell’incidente stradale.
A fondamento delle proprie domante l’attore ha dedotto che:
– Si trovava in data 12.05.2014, alle ore 09:30 circa, all’interno dell’Ortomercato di Milano, in Via L., davanti al proprio autocarro, targato .., parcheggiato avanti al padiglione B dell’Ortomercato quando all’improvviso sopraggiungeva un mezzo di servizio operante all’interno della struttura ( carrello elevatore Still 20-16) condotto dal sig. A.A. che, viaggiando in senso di marcia contrario a quello prescritto dalla segnaletica, investiva da tergo il sig. C.G.;
– Veniva trasportato presso il centro ospedaliero Multimedica dove veniva sottoposto ad accertamenti strumentali e ad un intervento chirurgico;
– Sul luogo del sinistro intervenivano gli agenti della Polizia Locale che redigevano la Relazione di Incidente;
– Gli agenti contestavano ad A.A. l’infrazione di cui all’art 7 del c.d.s. per “inosservanza del segnale indicante divieto di accesso”;
– In data 29.5.2014 veniva sottoposto ad un secondo intervento chirurgico ed in data 5.06.2014 veniva dimesso con terapia farmacologica, antibiotica, antidolorifica, anti tromboemboembolica, fisiokinesiterapia;
– In data 19.06.2014 veniva sottoposto ad un terzo intervento chirurgico;
– In data 2.10.2014 veniva sottoposto a visita specialistica dall’INAIL che lo riteneva inabile al lavoro sino al 31.10.2014;
– In data 10.1.2015 si sottoponeva a visita medico-legale che riconosceva un danno biologico permanente del 25% e inabilità temporanea assoluta e relativa ;
– Ha subito un danno non patrimoniale che ammonta ad euro 136.024,00 da cui deve essere detratto l’importo versato dalla Zurich all’attore di euro 20.000,00 trattenuto a titolo di acconto e la somma di euro 3.957,71 versata dall’INAIL per un totale di euro 112.149,34.
L’attore ha, quindi, dedotto l’esclusiva responsabilità del sig. A.A. nella causazione del sinistro de quo ed ha, pertanto, richiesto il risarcimento dei danni, biologico e patrimoniale patiti in conseguenza dello stesso.
Si è costituita in giudizio la Zurich Insurance Public Limited Company la quale nel merito, contestava sia la dinamica del sinistro in quanto il pedone senza utilizzare l’apposito attraversamento pedonale, che si trovava a 22,68 metri dal punto dell’investimento, improvvisamente attraversava obliquamente Viale L. per cui nessuna responsabilità era da addebitarsi ad A.A. che tentava di arrestare la marcia e urlava per attirare l’attenzione del pedone che non aveva osservato la norma del codice della strada che impone al pedone di servirsi dell’attraversamento pedonale e veniva elevata la contravvenzione all’art. 190, II comma del codice della strada; contestava altresì il quantum debeatur chiedendo il rigetto delle domande attoree e l’accertamento della responsabilità esclusiva del sig. C.G. nella causazione del sinistro ed, in via subordinata, chiedeva di accertare la corresponsabilità attorea nella causazione del sinistro nella misura del 50% con compensazione delle spese legali.
Non si costituivano né la Nuova Ausiliaria Società Cooperativa a r.l. né A.A. che venivano dichiarati contumaci all’udienza del 18.3.2016; concessi termini per il deposito di memorie ex art. 183 comma sesto c.p.c. ed istruita la causa con l’espletamento della ctu medico-legale sulla persona dell’attore C.G. ed escussione di tre testimoni (C., S. e M.) oltre all’interrogatorio formale del convenuto contumace non comparso A.A. e dell’attore C.G., il Giudice ha ritenuto la causa matura per la decisione e ha fissato l’udienza di precisazione delle conclusioni al 27.06.2019 all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisone con l’assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c..
Anzitutto, pare opportuno ribadire, in merito alle istanze istruttorie avanzate dalle parti nel corso del giudizio, non ammesse dal giudice in udienza istruttoria e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni, la loro inammissibilità o superfluità ai fini del giudizio, richiamando integralmente il contenuto dell’ordinanza del 20.11.2018. La documentazione in atti e l’istruttoria svolta rendono superflua l’ulteriore attività istruttoria richiesta dalle parti.
Oggetto del presente giudizio è la richiesta di risarcimento causato da un sinistro stradale come in citazione meglio descritto.
In ordine alle condizioni di merito dell’azione, il fatto è provato, nella sua materialità, alla stregua della relazione di incidente stradale redatta dal Corpo di Polizia Locale del Comune di Milano, Comando Zona 4, Ufficio Infortunistica (sub. doc.1 di parte attrice) dalla quale emerge che il sinistro è avvenuto a seguito di investimento dell’attore.
Quanto alla ricostruzione della dinamica del sinistro va osservato che mentre parte attrice afferma che si trovava davanti al proprio autocarro parcheggiato in corrispondenza del Padiglione B dell’Ortomercato quando ” sopraggiungeva un mezzo di servizio operante all’interno della struttura il quale viaggiando in senso contrario a quello prescritto dalla segnaletica vigente investiva da tergo il sig. C.G.”, la Compagnia di assicurazioni Zurich nella propria comparsa afferma che ” il sig. A.A. a bordo del carrello elevatore Still RX 20-20 P di proprietà della Cooperativa Nuova Ausiliaria percorreva il viale Levante in seno obliquo in direzione del posteggio n. 14 quando l’attore, senza utilizzare l’apposito attraversamento pedonale improvvisamente attraversava obliquamente anch’egli Viale Levante: il sig. A.A. tentava di arrestare la marcia ed urlava per attirare l’attenzione del maldestro pedone, ma data la repentinità dell’evento lo urtava con le forche del carrello all’altezza della caviglia sinistra e l’attore cadeva al suolo “.
Nella relazione di incidente si legge che il verbalizzante era giunto sul luogo del sinistro dopo circa 8 minuti dall’incidente e appurava che si era verificato l’investimento di un pedone e che il sig. C.G. era stato trasportato presso il pronto soccorso dell’ospedale Multimedica di Sesto San Giovanni.
L’operante accertava che il veicolo investitore era stato lasciato nella posizione statica assunta nella fase terminale dell’evento localizzata nello schizzo planimetrico allegato alla relazione ed il sig. A.A. forniva spontanee dichiarazioni in merito all’accaduto che venivano trascritte nella relazione come segue: ” a bordo del carrello elevatore da me condotto proveniente dal pad. “D” percorrevo Viale Levante in senso obliquo in direzione del posteggio n. 14, quando improvvisamente vedevo un pedone che attraversava Viale Levante anche lui in senso obliquo dal padiglione “D” al parcheggio n. 14. Urlavo per attirare la sua attenzione e nello stesso tempo cercavo di arrestare la marcia per non urtarlo, ma a causa della repentinità dell’evento la cosa mi risultava impossibile ed urtavo con le force del mezzo il pedone nella caviglia sinistra facendolo rovinare al suolo”. Inoltre il verbalizzante accertava che non erano visibili tracce di frenata ascrivibili al veicolo investitore e localizzava il punto d’investimento e precisava: “il pedone si era immesso per metri 12,30, attraversando la carreggiata da sinistra verso destra rispetto al senso di marcia del veicolo investitore e la carreggiata in quel punto è larga m. 16,92; l’attraversamento pedonale più vicino dista m. 22,68 dal punto di investimento.
Sul luogo del sinistro era presente un autocarro Iveco targato .. sul quale avrebbe dovuto salire il C.G.. Nei rilievi effettuati è stata inoltre localizzata sul manto stradale una traccia della lunghezza di m. 1,52 causata dal trascinamento degli abiti del pedone investito” .
Il verbalizzante procedeva, quindi, a contestare al conducente la violazione dell’art. 7 del codice della strada per inosservanza del segnale indicante il divieto di accesso e al pedone infortunato la violazione dell’art. 190, II comma del codice della strada per avere attraversato la carreggiata senza servirsi dell’attraversamento pedonale esistente a meno di 100 metri.
Il signor C.M., ha reso testimonianza all’udienza del 19.03.2019 dichiarando che “Io mi trovavo all’ortomercato e stavo caricando il camion del sig. C.G. e avevo finito di caricare e stavo chiudendo il portellone del camion e il sig. C.G. si trovava alle mie spalle a circa due metri di distanza da me e ho visto il muletto che lo urtava e lui cadeva a terra….prendo visione della planimetria e riconosco i luoghi e preciso che il camion che io stavo caricando è quello presente sulla planimetria e la strada su cui si trovava il camion era a percorrenza unica con corsia di marcia verso l’uscita del mercato e il muletto era in contromano rispetto alla circolazione dei veicoli “.
Non vi è motivo di dubitare dell’attendibilità del testimone, diversamente da quanto prospettato dalla difesa di parte convenuta, il quale ha reso dichiarazioni coincidenti con i rilievi effettuati dagli agenti intervenuti ed è ben probabile si fosse allontanato dal luogo in cui si trovava (ha dichiarato di essere stato con il sig. C.G.) quando sono arrivati i soccorsi e le forze dell’ordine, il cui intervento è avvenuto dopo circa 8 minuti dall’incidente.
Inoltre, va osservato che il sig. A.A. al quale era stato deferito l’interrogatorio formale non è comparso a renderlo all’udienza del 19.03.2019 e tale comportamento deve essere valutato dalla giudicante unitamente agli altri elementi di prova alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione(vedi Sentenza n. 3258 del 14/02/2007 ) che in tema di prove con riferimento all’interrogatorio formale prevede che: “l’art. 232 c.p.c. non ricollega automaticamente alla mancata risposta all’interrogatorio, per quanto ingiustificata, l’effetto della confessione, ma da solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo di valutare ogni altro elemento di prova”. In tal caso l’ammissione ha ad oggetto sia la condotta della conducente che urtava e faceva cadere il sig. C.G. sia la posizione del pedone che si trovava davanti al proprio autocarro e aveva già percorso metri 12,30 di strada quando veniva investito dal carrello elevatore, entrambe circostanze dedotte nei cap. n. 2 e 4 della memoria depositata in data 25.11.2016 dall’attore.
Dagli elementi acquisiti, ed in particolare dai rilievi effettuati al momento del sinistro e dalle dichiarazioni rese dal conducente del carrello elevatore, risulta che le forche del carrello urtavano l’attore e per effetto dell’investimento il sig. C.G. riportava lesioni personali che in base all’accertamento svolto dal CTU dott. G. sono da ricollegare al sinistro verificatosi in data 12.05.2014 (cfr. relazione c.t.u p. 18).
Con riferimento alla responsabilità del convenuto contumace nella causazione del sinistro va osservato che questi non costituendosi in giudizio non ha fornito elementi che consentano di superare la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 2054 c.c., dimostrando cioè di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
La compagnia di assicurazioni convenuta ha sostenuto che la responsabilità del sinistro debba ascriversi in via esclusiva all’attore attese le assorbenti circostanze secondo cui lo stesso “senza utilizzare l’apposito attraversamento pedonale improvvisamente attraversava obliquamente Viale Levante. Il sig. A.A. tentava di arrestare la marcia ed urlava per attirare l’attenzione del pedone” Tuttavia, i convenuti non hanno fornito alcuna prova relativa alla messa in atto, da parte del conducente del carrello elevatore investitore, di tutte le prevenzioni idonee ad evitare l’investimento, sì da superare in tal modo la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 204 c.c..
Inoltre, non risulta dimostrato che il sig. C.G. stesse attraversando “improvvisamente” e, quindi, repentinamente la carreggiata né risulta dimostrato che il sig. A.A. per richiamare l’attenzione del pedone avesse urlato per rendersi visibile. Per contro, dai rilievi allegati alla relazione di incidente emerge chiaramente che il pedone si trovava all’altezza della parte anteriore del proprio furgone a circa due metri di distanza dello stesso, come peraltro confermato dal testimone C. che ha riconosciuto la posizione del carrello elevatore evidenziata sulla planimetria.
Tali circostanze consentono di ritenere che il sig. C.G. aveva percorso la maggior parte della carreggiata e si trovava in prossimità del proprio autocarro, quando è stato investito dal carrello che procedendo nel senso di marcia contrario rispetto alla segnaletica avrebbe dovuto utilizzare la massima cautela avendo cura di perlustrare la strada prima di avanzare.
Tale cautela avrebbe dovuto essere ancora maggiore se si considera la struttura del carrello elevatore che nella parte anteriore aveva due punte lunghe circa un metro e mezzo che fuoriuscendo dal mezzo costituivano un ingombro insidioso che si trovava raso terra e, quindi, non erano facilmente visibili rispetto al carrello che aveva un’altezza di circa due metri. Le caratteristiche del carrello, il punto d’urto delle forche che colpivano il piede sinistro del sig. C.G. dalla caviglia alla metà del dorso, le lesioni che ne conseguivano “con totale perdita di sostanza fino all’osso. Perdita della cute e della componente muscolare, importante sanguinamento..” sono tutti elementi che denotano una condotta gravemente colposa del conducente del carrello elevatore che non avvedendosi del pedone e procedendo in contromano lo ha investito procurandogli un “trauma importante al piede sinistro”.
Deve ritenersi, infatti, che la condotta di guida del sig. A.A. sia stata gravemente imprudente e negligente, tale rendere il sinistro ascrivibile in via esclusiva al medesimo, giacchè non vi è dubbio che se avesse rispettato le regole del codice della strada ed in particolare il senso unico di marcia, avrebbe potuto evitare l’investimento avvedendosi per tempo del pedone ed evitandolo.
Sul punto, la Cassazione ha più volte espresso il principio secondo il quale il conducente di un veicolo è tenuto a vigilare al fine di avvistare il pedone e porre in essere una serie di accorgimenti (in particolare moderare la velocità e, all’occorrenza, anche arrestare la marcia del veicolo) al fine di prevenire il rischio di un investimento (cfr., ex multis, Cass. 13 febbraio 2013 nr. 3542).
Anche nell’ipotesi in cui si volesse ritenere come sostenuto dalla parte convenuta che l’attore aveva attraversato la careggiata in maniera repentina, circostanza non dimostrata, la giurisprudenza di legittimità che questo giudice condivide osserva che “Poiché l’esercizio del diritto di precedenza non può considerarsi illimitato, dovendo essere sempre subordinato al principio del neminem laedere, ove un pedone attraversi la carreggiata fuori dalle apposite strisce, il conducente del veicolo è tenuto a rallentare la velocità e addirittura ad interrompere la marcia al fine di evitare incidenti che potrebbero derivare proprio da mancata cessione della precedenza a suo favore. Se ciò non faccia, la responsabilità per l’eventuale evento colposo verificatosi è sempre a lui attribuibile, pur se al pedone possa, secondo le condizioni del caso, attribuirsi una efficienza causale concorsuale in base all’apprezzamento motivato del giudice di merito” (Cass. pen. 24/1/94 n. 3347 e Cass. Penale 6/2/15 30989.
Ed invero “l’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da un veicolo, quale che sia la gravità della colpa, non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 2054 c.c. dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” (Cass. Civile 21/4/95 nr. 4490 e Cass. Civ. 05/03/13 5399).
Nella fattispecie alcuna prova liberatoria risulta fornita dai convenuti considerato, peraltro, che il conducente si è reso responsabile della violazione dell’art. 7 c.d.s. per non avere osservato il segnale indicante il divieto di accesso tenuto conto che sul Viale L., come ribadito dall’agente di Polizia Locale D.G.L.M. sentito all’udienza del 19.3.2019, vige il codice della strada. Infatti il sig. A.A. a bordo del suo carrello avrebbe dovuto, uscendo dal padiglione, svoltare a destra e percorrere il Viale L. nel corretto e unico senso di marcia anziché procedere “contromano”. .
A carico dell’attore non è ravvisabile un concorso di colpa nel determinismo del sinistro, in quanto questi non avrebbe mai potuto immaginare che sul Viale del Levante a senso unico di marcia un mezzo potesse procedere nel senso opposto di marcia per cui, quand’anche questi avesse attraversato la carreggiata, oramai si trovava a due metri dalla fine della stessa ed il conducente del carrello ben avrebbe potuto avvedersi del pedone ed evitare di metterlo in pericolo con il mezzo condotto da cui fuoriuscivano delle punte di un metro e mezzo di lunghezza. Nel valutare le condotte poste in essere dal conducente del carrello elevatore e dal pedone che non avrebbe utilizzato le strisce per attraversare si deve ritenere, quindi, che la condotta del conducente sia di gravità tale da elidere la leggerezza del pedone di non utilizzare le strisce per raggiungere il proprio automezzo parcheggiato lungo la strada.
Ebbene, il contenuto del verbale di incidente stradale unitamente ai rilievi effettuati dalla Polizia locale giunta sul luogo dell’incidente e alle dichiarazioni rese dal testimone che ha assistito all’incidente depongono nel senso prospettato consentendo di affermare una responsabilità esclusiva del convenuto A.A. nella determinazione del sinistro oggetto di causa.
Procedendo alla liquidazione dei danni richiesti dall’attore, si richiamano le conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico medico-legale che integralmente si condividono per congruità e logicità e avverso le quali non sono state sollevate contestazioni dai CTP che hanno pienamente condiviso le risultanze della valutative e non hanno presentato osservazioni tecniche al CTU.
Quanto ai danni alla persona, dalla espletata C.T.U., è risultato che l’attore in seguito al sinistro ha riportato “trauma da sciacciamento piede sinistro, produttivo di sguantamento della cute della faccia mediale, anteriore e laterale del terzo distale di gamba e della caviglia, lacerazione e strappamento di porzione del nervo surale lesione completa della vena safena ” oltre agli ulteriori postumi meglio descritti nell’elaborato. Quanto al nesso causale fra l’evento per cui è causa e le lesioni riportate il dott. G. ha affermato che: ” risulta soddisfatto il criterio cronologico tra il momento dell’insulto traumatico e quello in cui viene precisata la diagnosi posta nell’immediatezza in ospedale. Risulta altresì soddisfatto il criterio di adeguatezza lesiva quali-quantitativa, ritenendosi che l’erogazione energetica , nella dinamica del sinistro, sia stata ampiamente sufficiente a produrre le suddette lesioni.”
Nel dettaglio, il consulente ha riconosciuto postumi permanenti nella percentuale del 22,5%, con un ulteriore periodo di giorni 25 di inabilità temporanea totale in quanto degente, di giorni 60 di inabilità temporanea parziale al 75%, di giorni 50 di inabilità temporanea parziale al 50% e di giorni 50 di inabilità temporanea parziale al 25%. Ha rilevato che sono state documentate spese mediche necessarie e congrue pari ad € 12,30 senza necessità di spese future.
Questo Giudice condivide le argomentazioni e le conclusioni cui è pervenuto il CTU che appaiono congruamente motivate.
Quanto al danno non patrimoniale, secondo l’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione il danno non patrimoniale deve essere inteso come danno da lesione di valori inerenti alla persona (Cass 31/05/2003 nr. 8827 e 8828), sì da doversi ricondurre entro tale voce di danno sia il danno biologico (quale lesione dell’integrità psico-fisica della persona) sia il danno morale in senso lato. La giurisprudenza di legittimità ha poi chiarito che, nell’ambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale e così via), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno (Cass. SS.UU. 26972/2008); conseguentemente, è necessario liquidare tale pregiudizio come categoria unitaria non suscettibile di suddivisioni in sottocategorie (ritenendolo comprensivo sia dell’area del c.d. danno biologico sia di quella del c.d. danno morale in senso lato, inteso come sofferenza psicologica non necessariamente transeunte) ed è compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, provvedendo ad una integrale riparazione, valutando, inoltre, congiuntamente, entro il danno biologico, tutte le sofferenze soggettivamente patite dall’attore in relazione alle condizioni personali dello stesso ed ai risvolti che concretamente la lesione all’integrità psico-fisica ha comportato, quali “pregiudizi esistenziali” concernenti aspetti relazionali della vita.
Per quanto riguarda la liquidazione di tale danno, si ritiene di dover utilizzare i criteri adottati da questo Tribunale con le Tabelle 2018 per la liquidazione del danno non patrimoniale, secondo cui, da un lato, in sede di liquidazione del danno da invalidità per postumi permanenti, il valore da attribuirsi ai punti di invalidità viene rapportato all’entità percentuale della invalidità riscontrata, con un aumento progressivo del predetto valore, per punto di invalidità, a sua volta differenziato a seconda dell’età della persona, da un altro lato, per ciascun punto percentuale di menomazione dell’integrità psicofisica, viene indicato un importo che dia complessivo ristoro (alla stregua dei chiarimenti della Cassazione sopra richiamati) alle conseguenze della lesione in termini “medi” in relazione agli aspetti anatomo-funzionali, agli aspetti relazionali, agli aspetti di sofferenza soggettiva, ritenuti provati anche presuntivamente.
Nel caso di specie, tenuto conto della gravità delle lesioni, della durata dell’invalidità temporanea, dell’età della persona (anni 58) al momento del sinistro e dell’entità dei postumi permanenti, alla luce delle citate tabelle milanesi è possibile liquidare in via equitativa per la voce di danno non patrimoniale la somma di euro 10.750,00 in moneta attuale per ciò che riguarda l’inabilità temporanea (pari ad un importo medio giornaliero di euro 100,00 per ogni giorno di inabilità totale, proporzionalmente diminuito per quelli di inabilità temporanea parziale) così specificatamente individuata:
Invalidità temporanea totale (100,00 x 25 giorni): € 2.500,00;
Invalidità temporanea parziale al 75% (75,00 x 60 giorni): € 4.500,00;
Invalidità temporanea parziale al 50% (50,00 x 50 giorni): € 2.500,00;
Invalidità temporanea parziale al 25% (25,00 x 50 giorni): € 1250,00, oltre all’importo di euro 77.737,50 in moneta attuale per le conseguenze personali riferibili ai postumi permanenti calcolati facendo una media fra il 22% e 23% considerato che il CTU ha accertato un danno biologico nella misura del 22,5%.
Peraltro, la richiesta di c.d. personalizzazione del danno, spiegata dall’attore, deve essere disattesa.
In via generale non pare inutile ricordare che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, essendo compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli. Pertanto, in tema di liquidazione del danno per la lesione del diritto alla salute, nei diversi aspetti o voci di cui tale unitaria categoria si compendia, l’applicazione dei criteri di valutazione equitativa, rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, deve consentirne la maggiore approssimazione possibile all’integrale risarcimento, anche attraverso la cd. personalizzazione del danno (Cass. Sez. Un. 26972/08). Con particolare riferimento alla c.d. personalizzazione, la Suprema Corte ha precisato che “il grado di invalidità permanente espresso da un baréme medico legale esprime la misura in cui il pregiudizio alla salute incide su tutti gli aspetti della vita quotidiana della vittima. Pertanto, una volta liquidato il danno biologico convertendo in denaro il grado di invalidità permanente, una liquidazione separata del danno estetico, alla vita di relazione, alla vita sessuale, è possibile soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età. Tali circostanze debbono essere tempestivamente allegate dal danneggiato, ed analiticamente indicate nella motivazione, senza rifugiarsi in formule di stile o stereotipe del tipo ‘tenuto conto della gravità delle lesioni'” (Cass. 23778/2014). Atteso che l’attore non ha allegato l’esistenza di fatti specifici ed eccezioni, non si ravvisano ragioni per procedere ad una personalizzazione del danno come sopra liquidato.
In ragione dell’accertata responsabilità esclusiva del convenuto contumace all’attore va riconosciuto il complessivo importo di euro € 88.487,50 in moneta attuale.
Per ciò che riguarda le ulteriori pretese risarcitorie per danno patrimoniale, in particolare per quanto concerne le spese mediche e di cura, si richiama la valutazione del C.T.U. che ha ritenuto congrue ed adeguate le spese documentate per € 12,30 per ciclo di fisiokinesiterapia, alle quali devono aggiungersi euro 70,75 per copia di documentazione per un ammontare di euro 83,05. Appare quindi congruo, sulla scorta della documentazione prodotta e con i necessari contemperamenti derivanti dall’applicazione del criterio equitativo, riconoscere a questo titolo l’importo complessivo rivalutato all’attualità di euro 84,79.
In conclusione, va riconosciuta all’attore a titolo di risarcimento dei danni subiti, la complessiva somma di euro 88.572,29, oltre interessi legali dalla data odierna e sino al soddisfo.
Al fine di determinare il residuo credito risarcibile occorre, peraltro, considerare l’acconto di euro 20.000,00 corrisposto dalla convenuta all’attore in data 15.05.2015 (doc. 10 attore) e l’importo di € 3.458,19 corrisposto a titolo di danno biologico dall’INAIL in data 31.12.2014. Considerato che in presenza di acconti occorre rendere omogenei i valori del calcolo e, quindi, che è necessario rivalutare gli acconti alla data della liquidazione (Cass 10/03/99n 2074), ne consegue che alla data della presente sentenza l’acconto complessivo di euro 20.000,00, si è rivalutato nell’importo di euro 20.440,00 in moneta attuale e l’importo di € 3.458,19 si è rivalutato nell’importo di € 3.541,19 in moneta attuale.
Detraendo dall’importo riconosciuto di euro 88.572,29, in moneta attuale l’importo dell’acconto, reso omogeneo, pari ad euro 20.440,00 e l’importo di € 3.541,19, il residuo credito riconoscibile all’attore è pari all’importo di euro 64.591,10 in moneta attuale.
Su tale somma devono essere altresì riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato godimento tempestivo dell’equivalente pecuniario del bene perduto.
Gli interessi compensativi, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 1712 del 17/2/95), decorrono dalla produzione dell’evento di danno sino al tempo della liquidazione e si calcolano non sulla somma già rivalutata ma, di anno in anno, sulle somme iniziali, ossia devalutate alla data del fatto illecito, a mano a mano incrementate nominalmente secondo la variazione dell’indice Istat.
Pertanto, recependo i principi di cui alla sentenza n. 1712 del 17 febbraio 1995 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, appare congruo adottare, anche in applicazione del principio equitativo ex artt 1226 e 2056 c.c., come criterio di risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento della somma dovuta, tenuto conto della natura del danno, dell’arco temporale considerato e di tutte le circostanze accertate, quello degli interessi legali.
Ai soli fini del calcolo degli interessi compensativi dovranno, quindi, essere effettuate le seguenti operazioni.
La somma corrispondente al capitale riconosciuto a titolo di risarcimento in moneta attuale (euro 88.572,29) deve essere, anzitutto, devalutata alla data del fatto (12.05.2014); l’importo così devalutato deve essere, quindi, mensilmente rivalutato secondo la variazione degli indici Istat del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, dalla data del fatto a quella degli acconti (31.12.2014 e 15.05.2015); sulla somma via via rivalutata devono essere calcolati gli interessi al tasso legale dalla data del fatto a quella degli acconti; dalla somma rivalutata a tale data devono detrarsi gli acconti e sul residuo deve procedersi ancora alla rivalutazione e al computo degli interessi sulla somma via via rivalutata fino alla data della presente sentenza. Dalla data della sentenza sono dovuti gli interessi al tasso legale sul solo importo residuo liquidato (euro 64.591,10), corrispondente al capitale già rivalutato.
In conclusione, i convenuti, in solido e nelle rispettive qualità, vanno condannati alla corresponsione delle suddette somme in favore dell’attore con accessori secondo i criteri già esposti.
Quanto alle spese di lite, ivi comprese le spese sostenute per la consulenza di parte, relative al rapporto processuale intercorso fra l’attore e i convenuti, in solido, le stesse seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo secondo le previsioni del d.m. 55/2014, tenuto conto dell’effettivo valore della causa determinato ai sensi dell’art. 5 del d.m. citato, dell’attività effettivamente svolta e quindi eliminando o riducendo, rispetto alla nota spese depositata, le somme non dovute o richieste in misura eccessiva. Devono essere rimborsate tra le spese legali i compensi anticipati al CTU pari ad € 1.830,00 come documentati.
Parimenti, le spese delle C.T.U. espletate dal dott. Raffaele Giardino, come liquidate in via provvisoria in corso di causa, vanno poste definitivamente a carico dei convenuti, A.A., Cooperativa Nuova Ausiliaria SCRL, contumaci e Zurich Insurance Public Limited Company, in solido tra loro.
PQM
Il Tribunale di Milano, in persona della dott.ssa Anna Giorgia Carbone, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da C.G. contro A.A., contumace, Cooperativa Nuova Ausiliaria SCRL, contumace, e Zurich Insurance Public Limited Company, così provvede:
a. accertata la corresponsabilità esclusiva a carico del convenuto contumace A.A. per l’effetto condanna i convenuti, in solido e nelle rispettive qualità, a pagare in favore di C.G. la somma complessiva di € 64.591,10 (somma già decurtata degli acconti), oltre interessi e rivalutazione secondo i criteri indicati in motivazione;
b. rigetta ogni altra domanda;
c. condanna i convenuti, in solido, al pagamento delle spese processuali, in favore dell’attore che liquida nella somma complessiva di € 13.236,00 (di cui euro 1.830,00 per spese di CTP, € 906,00 per spese ed euro 10.500,00 per compenso di avvocato), oltre rimborso forfetario per spese generali, nella misura del 15% del compenso, oltre ad IVA e CPA come per legge,
d. pone le spese delle CTU espletate nel corso del giudizio definitivamente a carico dei convenuti, in solido tra loro.
Milano, 7 gennaio 2020
Il Giudice
dott.ssa Anna Giorgia Carbone